Alessandra Broccolini: la Candidatura dell’Opera Lirica e il Patrimonio Culturale Immateriale secondo l’UNESCO

Sono qui come portavoce dell’Associazione EOLO , Etnolaboratorio per il Patrimonio Culturale Immateriale, l’associazione di antropologi ed etnomusicologi che sta aiutando l’Associazione Cantori Professionisti d’Italia nel percorso di Candidatura UNESCO per l’iscrizione dell’ Opera Lirica alla Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale.

E’ con grande piacere che partecipo a questa serata che gli amici dell’Associazione Cantori Professionisti d’Italia hanno organizzato in occasione della Giornata Mondiale del Teatro.

Devo ammettere che quando CPI mi ha contattato per maniferstarmi la volontà di intraprendere questo percorso di Candidatura, sono rimasta all’inizio perplessa perchè come antropologa ero abituata ad immaginare il patrimonio immateriale entro l’alveo delle cosiddette tradizioni popolari e quindi dentro la cultura popolare, in senso antropologico, come l’avrebbe intesa Alberto Cirese, come espressione delle culture “subalterne”, dunque feste, riti, saperi e usica tradizionale.

Quindi vedevo l’Intangible Cultural Heritage entro una sfera disciplinare, demoetnoantropologica, come il Codice dei Beni Culturali definisce il nostro profilo.

Solo inseguito all’incontro con CPI, mi sono resa conto che in realtà la Convenzione aveva un potenziale molto più vasto.

La Convenzione UNESCO – Convenzione per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, siglata nel 2003 e ratificata nel 2007 dall’Italia, è nata per dare voce a tutte quelle comunità, non necessariamente territoriali, che si riconoscono in un determinato bene intangibile, quindi di interesse anche antropologico e che manifestano una volontà di salvaguardia e di valorizzazione.

Benchè le manifestazioni di ambito folklorico le siano storicamente più pertinenti, non è quindi una Convenzione Internazionale nata per salvaguardare manifestazioni dell’ambito solo tradizionale e folklorico.

In effetti la Convenzione definisce così il Patrimonio Culturale Immateriale:

“Per patrimonio culturale immateriale s’intendono le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente , alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un sensi d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana.”

E andando più nel dettaglio, vediamo che la Convenzione inclde nell’ambito del Patrimonio Immateriale anche le cosiddette “Arti dello spettacolo”:

a) tradizioni ed espressioni orali, ivi compreso il linguaggio, in quanto veicolo del patrimonio culturale immateriale;
b) le arti dello spettacolo;
c) le consuetudini sociali, gli eventi rituali e festivi;
d) le cognizioni e le prassi relative alla natura e all’universo;
e) l’artigianato tradizionale.

Tuttavia, c’è una cosa che vorrei brevemente dire sul senso del riconoscimento Unesco che qui si sta cercando di portare avanti, un riconoscimento che concretamente è rappresentato dall’iscrizione alla Lista Rappresentativa del Patrimonio Immateriale.

Vorrei ricordare che l’Unesco dal 2008 ad oggi ha iscritto all’incirca 260 Beni Immateriali a livello mondiale, tra i quali la Liuteria di Cremona e la Dieta Mediterranea. Mentre il Teatro dei pupi siciliani ed il Canto a Tenore sardo avevano ottenuto un precedente riconoscimento che apparteneva al programma Unesco dei Capolavori dell’Umanità, oggi concluso.

Il percorso di candidatura da seguire per questa iscrizione è molto complesso; se ne stanno rendendo conto credo ora i membri dell’Associazione e comprende più livelli di azione, non solo scientifico, ma anche burocratico, amministrativo, culturale, non ultimo politico, perchè è lo Stato italiano che presenta la Candidatura.

Fino a questo momento l’Associazione EOLO, in particolare Emiliano Migliorini e Malvina Picariello stanno curando la catalogazione dell’Opera con la scheda ministeriale BDI (Beni Demoetnoantropologici Immateriali), che è lo strumento dell’Istituto Centrale per il Catalogo che lo Stato richiede per poter mandare avanti la Candidatura.

C’è infatti un articolo della Convenzione, l’articolo 12, che prescrive agli Stati parte l’apertura di uno o più inventari per i beni candidati, da realizzare – punto importantissimo – con la partecipazione delle comunità.

E’ quindi una catalogazione che l’associazione sta facendo di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, anche se ci troviamo nella fase della ricerca e della raccolta di documentazione audiovisiva.

Ciò che invece mi preme qui sottolineare riguarda il senso dell’iscrizione alla Lista Rappresentativa. Troppe volte questo riconoscimento viene inseguito dai territori, dalle comunità come un obiettivo da raggiungere per mettere un fiore all’occhiello a qualche amministrazione, per ottenere un prestigio che molto opportunisticamente viene giocato e usato soprattutto a livello politico, anzichè culturale.

Per questa ragione l‘iscrizione alla Lista deve essere concepita come un punto di partenza della comunità, e insieme alla comunità un punto di partenza per lo Stato Italiano, il quale ratificando la Convenzione si è impegnato ad attuare programmi di salvaguardia; un punto di partenza per azioni reali e concrete di salvaguardia.

Salvaguardia non intesa in senso egemonico, facendo calare dall’alto programmi e azioni, ma intesa come sostegno alla trasmissione. Il bene immateriale non è oggettuale, materiale, non è qualcosa che può essere collocato in un museo, ma è bene vivo e per continuare a vivere ha bisogno di essere trasmesso di generazione in generazione, ha bisogno che ci siano una o più comunità che lo sostengono.

Per questo motivo, lo spirito della Convenzione va nella direzione di un forte coinvolgimento delle comunità dei portatori del bene. In questo senso, prima ancora del bene in sé si devono sostenere le comunità che questo lo trasmettono alle generazioni future. Questo è il senso della partecipazione.

C’è poi un secondo punto importante che va sottolineato e che riguarda ancora la Lista Rappresentativa e i percorsi di candidatura. La domanda che ci dobbiamo porre è: perchè esiste questa Convenzione? Può sembrare una domanda banale.

Esiste perchè attraverso strumenti internzionali di soft law, la Convenzione del 2003 vuole portare gli Stati e le comunità a pensare a se stesse entro uno scenario di diversità culturale. L’iscrizione alla Lista non deve essere quindi vissuta con un senso di esclusivismo da parte delle comunità che ottengono questo riconoscimento, ma come modo per sentirsi parte di uno scenario di complessità e di dialogo.

Quindi non l’eccezionalità del bene rispetto agli altri, la distinzione, la superiorità; non possiamo fare un percorso di candidatura e pensare che gli altri beni che hanno ottenuto il riconoscimento, ad esempio le conoscenze degli sciamani colombiani o un pellegrinaggio peruviano, siano inferiori a noi.

Non è il paradigma inferiorità/superiorità che deve guidare il percorso, ma il paradigma della condivisione, dell’allargamento.

Infatti, un documento Unesco relativo alla Lista Rappresentativa dice esplicitamente che :

“La Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale si compone di quegli elementi che aiutano a dimostrare la diversità di questo patrimonio e che aumentano la consapevolezza circa la sua importanza”.

L’Associazione Cantori Professionisti d’Italia sta lavorando molto in questa direzione, e sta lavorando bene, non solo per poter concretamente intraprendere questo percorso, ma soprattutto per fare rete, per mettere insieme le molte anime che compongono l’universo dell’Opera in Italia, non solo i cantanti ma anche il pubblico degli appassionati e i molti altri numerosi protagonisti.

Facendo questo, sta andando nello spirito della Convenzione: sta mettendo in atto azioni che partono dal basso, che partono da voi. La comunità della quale parla l’Unesco siete anche voi, voi che partecipando a questa serata fate la comunità, la sostenete e la fate crescere.

Alessandra Broccolini, antropologa
(Università La Sapienza – EOLO Etnolaboratorio per il patrimonio immateriale)

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